La Formazione in Medicina Generale: il futuro passa dal Territorio

La Formazione in Medicina Generale: il futuro passa dal Territorio

04/11/2014


Per quanto ancora disattesa, la legge Balduzzi del 12 novembre 2012 ha aperto la strada nel nostro Paese alla futura riorganizzazione delle Cure Primarie verso forme aggregative mono professionali (AFT) e multi professionali (UCCP). Tale riorganizzazione dei Servizi Territoriali rappresenterà in concreto il prossimo futuro del nostro Sistema Sanitario Nazionale. In uno scenario di declino economico e di contemporaneo aumento dei bisogni di salute della popolazione, dove i pazienti cronici (27% del totale degli assistiti) assorbono il 75% delle risorse, il Sistema Sanitario Nazionale italiano necessita infatti, ora più che mai, di Cure Primarie altamente organizzate e capaci di rispondere al bisogno di salute e benessere della popolazione, garantendo appropriatezza delle cure senza sprechi di risorse.

La riorganizzazione della Sanità Territoriale dovrà altresì svilupparsi di pari passo ad un miglioramento della formazione dei professionisti che si faranno carico di queste nuove necessità della popolazione. In quest’ottica, anche una razionalizzazione ed un potenziamento delle risorse destinate alla formazione dei futuri Medici di Medicina Generale rappresenta dunque per la collettività un investimento a bassissimo rischio ed elevato ritorno economico nel breve termine.

A tale fine, diventa evidente sia la necessità di implementare l’integrazione dei Medici in Formazione Specifica in Medicina Generale all’interno del Sistema delle Cure Primarie, quanto più precocemente possibile durante il percorso di formazione, sia la necessità di una nuova valorizzazione della loro figura professionale che dovrà obbligatoriamente passare attraverso un miglioramento della didattica e una ridefinizione della loro situazione contrattuale.

L’introduzione di attività professionalizzanti per i medici in formazione rappresenta un punto nodale; esse migliorerebbero l’iter formativo e, elemento ancora più significativo, rafforzerebbero, la presenza dei formandi nel territorio ove un giorno si troveranno a svolgere la propria professione, favorendo l’acquisizione, già prima dell’ingresso in ruolo professionale, della conoscenza della rete organizzativa e sociale e delle dinamiche relazionali ad essa sottese.

Sulla base di questi principi, principi che riteniamo ineludibili, l’idea di creare Scuole di Specializzazione in Medicina Generale in seno alle Università, non può che trovarci contrari poiché rischia, a nostro parere, di portare ad un prodotto non adeguato ai reali bisogni di formazione dei futuri Medici di Medicina Generale.

L’Università italiana, nei propri Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, ha, infatti, da sempre trascurato la Medicina Generale ed ha proposto, nelle materie insegnate, un approccio ai problemi ed alla presa in carico della malattia, invece che del malato, molto lontano dai principi che sostanziano la capacità di offrire assistenza nei luoghi di vita delle persone.

E’ tuttora assente nel percorso pre Laurea un’area disciplinare della Medicina Generale, e, nella maggioranza degli Atenei, il contatto con il Medico di Famiglia è nullo o ridotto a poche ore.

Siamo invece fermamente convinti che il contesto socio-culturale e le singole esperienze territoriali incidano in maniera rilevante nella professione del Medico di Medicina Generale, tanto che esso dovrebbe essere letteralmente formato attorno alla realtà locale in cui andrà ad esercitare la sua professione.

Per questo motivo, pur comprendendo le motivazioni che stanno alla base della proposta, appare controproducente l’istituzione di una graduatoria unica nazionale per l’accesso al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale.

Un ulteriore, non trascurabile, elemento di contrarietà nasce dalla considerazione che le esigue retribuzioni percepite non permetterebbero in nessun modo ai medici di sostenere le spese dei trasferimenti per la frequenza in regioni diverse da quella di appartenenza.

Le inadeguatezze organizzative, emerse già dai test d’ingresso alle facoltà di Medicina e chirurgia ed i clamorosi avvenimenti degli ultimi giorni riguardanti le irregolarità del concorso nazionale per le scuole di specializzazione, sottolineano in modo eclatante l’incapacità del sistema Università, nel caso di adozione di un concorso nazionale, di far fronte a tale tipologia di pianificazione e di garantire efficienza e salvaguardia del merito uguale o superiore a quella offerta dall’attuale concorso regionale.

Occorre peraltro porre molta attenzione sulla qualità e sulle modalità dell’insegnamento di una disciplina come la Medicina Generale dotata di peculiarità che non appartengono ad alcun ambito specialistico ospedaliero. In sintesi, inserire la Medicina Generale nell’attuale contesto universitario significherebbe, secondo la nostra visione, formare medici ospedalieri aggiuntivi, assolutamente inadeguati ed inefficienti nella medicina extra-ospedaliera, loro propria area di competenza, con un conseguente sperpero delle già limitate risorse del SSN.

Riteniamo ad ogni modo imprescindibile un processo di riqualificazione e di implementazione del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale ed un accesso più rapido alla professione.

Tale processo non potrà tuttavia prescindere dall’imminente evoluzione delle Cure Primarie, evoluzione all’interno della quale anche i Medici in Formazione chiedono di avere un ruolo: una formazione-lavoro sul Territorio.

E’ infatti giunto il momento di riconoscere ai Corsisti dignità, sia sul piano professionale che su quello economico.