Quei contenuti allarmanti del nuovo Atto d’indirizzo

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Quei contenuti allarmanti del nuovo Atto d’indirizzo

10/04/2015


La convocazione della Sisac è arrivata in tempo rispetto ai termini stabiliti dal Consiglio nazionale della Fimmg per evitare lo sciopero del 12 maggio. La Fimmg rispetta la parola data, quindi lo sciopero non ci sarà, ma non viene revocato: solo sospeso, mentre confermiamo lo stato di agitazione e quello di mobilitazione, perché la formulazione del nuovo atto di indirizzo ha contenuti che non apprezziamo, anzi consideriamo allarmanti. La Segreteria nazionale dell’11 aprile, convocata appositamente, deciderà se proseguire comunque con tutte o con parte delle altre iniziative di contrasto programmate per quindici giorni a partire dal 4 maggio.

Sia ben chiaro, non abbiamo mai dato grandissima importanza e non ci formalizziamo sui contenuti letterali degli atti di indirizzo, perché sono, appunto, indirizzi, che le regioni danno alla loro struttura tecnica, Sisac, per condurre le trattative, che poi necessariamente potranno avere una evoluzione diversa da quella indicata, altrimenti che si tratta a fare? E’ tanto vero questo che se, alla fine di un percorso negoziale, si trova un accordo, questo è una proposta, che deve trovare l’approvazione della Conferenza Stato Regioni, non è la Convenzione!

L’unico aspetto veramente vincolante di un atto d’indirizzo è quello che determina il finanziamento complessivo dell’accordo. Variazioni in corso di trattativa in questo senso, non essendo nell’esclusiva disponibilità delle regioni, devono necessariamente passare attraverso una procedura di approvazione anche da parte del Governo. Ma non è il nostro caso. Il finanziamento è congelato per legge da ben due finanziarie, che nessuno, di questi tempi, può immaginare in buona fede di forzare.

L’atto di indirizzo è stato rieditato per richiesta esplicita della Sisac, non per necessità. Per allungare i tempi o per tentare di rimescolare le carte e, approfittando delle diverse posizioni di ciascuna regione, cercare soluzioni politiche diverse da quelle individuate nell’accordo del 4 marzo. Accordo che, sottolineo, è stato il risultato di un confronto né facile né compiacente fra il Comitato di Settore, nella persona del suo Presidente Claudio Montaldo, il ministero, nella persona del Sottosegretario alla Salute Vito De Filippo e le OOSS e che ha consentito di porre le basi per il superamento di alcuni degli ostacoli che avevano determinato l’interruzione della trattativa per il rinnovo delle Convenzioni, gli ostacoli residui, specificamente elencati, sono stati concordemente rimandati a trattazione con lo stesso metodo; tutto questo la Sisac non era stata in grado di farlo nei tanti mesi che aveva avuto a disposizione. Le sarebbe bastato ascoltarci e cercare di capire le nostre reali intenzioni, come hanno fatto Montaldo e De Filippo, per trovare le mediazioni che hanno prodotto l’accordo del 4 marzo. Ma ciò non è avvenuto; per mesi la delegazione Fimmg si è sentita ripetere sempre le stesse cose, che possono essere riassunte nell’espressione: dovete fare solo ciò che le Regioni vi ordinano.

In sanità, soprattutto nell’ambito dell’assistenza primaria, è di fondamentale importanza un pensiero innovativo che non riproponga, in contesti che le tecnocrazie conoscono solo approssimativamente, i soliti schemi pubblicistico/ospedalieri, spesso riferiti a ideologie, che hanno già dimostrato di non essere sostenibili.

Manca totalmente nella maggior parte delle strutture tecnocratiche regionali, di cui la Sisac è vera espressione, questa capacità di comprendere il nuovo e la capacità di approfondire le proposte. Quasi sempre si arroccano sul pregiudizio, nel nostro caso smentito dalla cronaca quotidiana, che i sindacati fanno esclusivamente gli interessi più abbietti della categoria, mentre i politici, gli assessori regionali e i funzionari pubblici quelli della collettività.
Il nodo fondamentale è sempre lo stesso: la Sisac, e a dire il vero alcune regioni, vogliono portare il medico di famiglia ad essere sempre più dipendente dalle direttive dell’azienda sanitaria, e allontanarlo dal rapporto individuale con l’assistito, svuotando di fatto il rapporto di fiducia senza negarlo formalmente ed annullare la libertà di scelta del cittadino.

La tecnocrazia regionale attraverso la riscrittura dell’atto d’indirizzo ha voluto, tra l’altro, rafforzare l’alibi per riappropriarsi dei fattori di produzione dell’assistenza, pagandoli con i soldi dei medici, senza garantirli a tutti e disporne a piacimento per rendere la categoria ancora più, anzi se possibile, totalmente subordinata alla regione e all’azienda sanitaria. Tutto ciò contro la legge attuale, che pone in capo alle regioni l’obbligo della fornitura dei fattori di produzione, in un ottica di miglioramento e non di contingentamento dei servizi ai cittadini.

Mi paiono evidenti le ragioni che preoccupano la Fimmg e la categoria. Andremo alle trattative, avendo come punto di riferimento l’accordo politico del 4 marzo, faremo ogni sforzo possibile per far comprendere l’essenzialità della nostra proposta e la sua utilità per la sostenibilità e quindi la sopravvivenza del Ssn, ma intanto ci attrezziamo per informare i cittadini di quel che sta succedendo e del rischio che corrono di vedersi vanificare l’unica possibilità di scelta che è loro restata in sanità per ritrovarsi a dover accettare: “quel che passa il convento”.

Speriamo, nei prossimi giorni di non dover verificare che l’accordo del 4 marzo è stato nei fatti smentito da chi l’ha firmato (Regioni) e da chi l’ha promosso (ministero della Salute) e di non essere costretti a intraprendere iniziative di lotta ancora più dure, fino a chiedere l’applicazione della legge che, in caso di inconcludenza delle trattative, prevede l’intervento del Governo con un decreto interministeriale.

Giacomo Milillo
Segretario Generale Nazionale FIMMG